CAPITOLO SESTO

 

 

                   Testimonianze archeologiche

 

Presso i popoli antichi il culto dei morti era molto sentito, perciò conservavano le spoglie mortali dei cari defunti con segni e riti della loro religione.

Grazie a tutto ciò ci rimangono le fragili tombe, misero avanzo di una passata grandezza che ci testimoniano un passato glorioso e ci attestano nei luoghi dei loro ritrovamenti l'esistenza di un popolo ed attraverso le suppellettili possiamo comprendere la datazione o l'appartenenza a un determinato gruppo etnico o sociale. Parlare di scavi a Brusciano è pressocchè impossibile, poiché ciò non è stato fatto seguendo un certo criterio razionale, ma tutto è stato affidato al caso ed il più delle volte il materiale è venuto fuori allorquando alcuni Bruscianesi hanno scavato le fondamenta per costruire la propria casa. Quasi tutto il materiale, quando non c'e stato l'intervento della Soprintendenza archeologica, è custodito dai singoli cittadini nelle proprie abitazioni.

Questo materiale, anche se non prezioso, rappresenta un documento importante  per  dimostrare  che  Brusciano,  almeno   a   livello   di   "pagus" già esisteva anteriormente all'insediamento dei Romani.

Abbiamo dovuto lottare non poco per vincere la diffidenza di qualcuno, affinché potessimo fare delle fotografie che pubblichiamo in questo nostro lavoro come testimonianza dei nostri assunti. Nella maggior parte dei casi si è trattato di tombe che hanno restituito alla luce, dopo il silenzio di più di due millenni, vario vasellame, per lo più corredi funerari.

 

Possiamo individuare due aree di particolare interesse archeologico: una nelle viuzze trasversali e parallele a via Bellini e l'altra, la più ricca e la più importante, in via Quattromani, una delle vie più antiche e misteriose di Brusciano, nelle cui tombe, nel corso di decenni, si sono rinvenuti molti reperti in parte custoditi presso la Soprintendenza dei Beni archeologici di Napoli.

Forse il mistero è nella etimologia stessa di Quattromani, questa parola, infatti, di chiara origine latina, designava una zona boschiva, perciò ricca di caccia, che si estendeva fino alle pendici del monte Somma, quindi molto abitata, lo si desume dal fatto che innumerevoli sono state le tombe rinvenute.

Cerchiamo di analizzare etimologicamente la parola "Quattromani", essa è composta da due parole: Quattuor e Manes.

-    Quattuor indica il numero quattro riferito, forse, a quattro nuclei familiari, abitatori di questa zona.

-    Manes: i Mani, gli dei Mani.

 

Con questo nome gli antichi Romani designavano le anime dei defunti che talora, secondo la mitologia romana, salivano a vagare sulla terra Originariamente essi erano affini alle divinità infernali e la dea Mania si considerava loro madre. I Mani divennero, dall'età augustea, le anime placate degli antenati, oggetto di culto personale e familiare. Secondo altri i Mani o Manes erano i capostipiti di antiche famiglie che abitavano in quella zona, tutti dello stesso ceppo familiare, perciò affini tra di loro.

Tutte le tombe sono state trovate ad una profondità di circa quattro metri dal piano di campagna, su un banco di materiale vulcanico pomiceo che ha permesso la conservazione persino di cadaveri. Le sepolture erano tutte a inumazione a cassa di tufo, in uso dalla seconda metà del quarto secolo a.C.

 

Il materiale rinvenuto, nel complesso, è piuttosto comune, non presenta caratteristiche di particolare bellezza, ed è molto semplice nella sua fattura poiché riflette la moda del tempo ed i gusti del luogo.

Presso l'abitazione del signor Terracciano Orlando situata in via Michelangelo, nei pressi di via Quattromani, durante i lavori di scavo delle fondamenta per l'ampliamento della casa, fu rinvenuto molto materiale, per lo più frammenti di coperchi o di piatti, di recipienti a forma aperta con ansa a nastro sormontata attaccata orizzontalmente, frammenti di anfore e parte di un piano di appoggio di argilla molto cotta, forse questo piano faceva parte del focolare della casa dell'antico abitante.

Non è stato possibile datarlo e classificarlo, perché bisognava sottoporlo ad analisi più approfondite e peraltro costosissime. Il Terracciano possiede,  inoltre, altro materiale di origine e fattura campana che è disposto a cedere per il costituendo museo nolano.

Trattasi di:

 

-    SKYPHOS: coppa, tazza e vaso a vernice nera, con orlo svasato, anse orizzontali, corpo cilindrico rastremato, piede ad anello.

-   COPPETTA a vernice nera con piede ad anello obliquo, vasca emisferica, orlo rientrante.

-   ASKOS: vaso fatto a forma di otre a vernice nera, bocca anulare, corpo a otre, piede ad anello.

Tutto il suddetto materiale è databile intorno al 350-340 a.C.

 

Presso la proprietà del signor Braccolino Ferdinando, poi, sempre in via Michelangelo, durante i soliti lavori di scavo delle fondamenta per la costruzione della casa, furono rivenuti, in anni diversi, quattro tombe, una delle quali conteneva un cadavere gigantesco con relativo arredo funerario.

Tra cui:

 

-   coppa a vernice nera con orlo appiattito sporgente, vasca emisferica, piede ad anello. La decorazione è costituita da cinque palmette non collegate tra di loro.

-   Brocchetta acroma con labbro espanso a tesa piana, spalla distinta, ansa a nastro non sopraelevata.

-   Coppetta ed una coppa a vernice nera con piede ad anello obliquo, vasca emisferica, orlo rientrante.

Tutto questo materiale è datatabile tra il 325 e il 300 a.C.

 

Abbiamo notizia diretta, inoltre, del rinvenimento, da parte di mastro Giuseppe Lanza, muratore, nei pressi della masseria De Ruggiero, di un'altra tomba con relativo cadavere e con coppetta monoansata a vernice nera con orlo rientrante, piede ad anello, ansa obliqua, databile intorno alla metà del quarto secolo a.C.

L'atra zona, dicevamo, nei pressi di via Bellini, presenta caratteristiche analoghe a quelle di via Quattromani, dove durante gli scavi fognari furono rinvenute alcune tombe con relativi cadaveri ed uno di questi aveva ancora un anello infilato al dito che al contatto con l'aria si sciolse come neve al sole, lasciando sul terreno solo un mucchietto di polvere, perché il metallo che costituiva l'anello era d'argento. Questo fenomeno va sotto il nome di ossidazione.

Nella stessa zona, ma in un luogo diverso, furono rinvenuti, tra l'altro, balsamari acromi con imboccatura interna e con labbro verniciato. Appartengono al quarto tipo della tipologia FORTI, databili tra la fine del quarto e l'inizio del terzo secolo a.C.

Un'olla acroma a corpo ovoidale, labbro distinto a tesa piana, ansa leggermente sormontante innestata sul labbro e nel punto di massima estensione del corpo, databile fine quarto-inizio terzo secolo a.C.

Furono rinvenuti, inoltre, in occasione della costruzione delle case per i terremotati, nella zona 219, vari oggetti, sempre facenti parte di corredi funerari che non possiamo documentare.

Altro reperto importante, in possesso del signor Di Mauro Giovanni, è quello rinvenuto in via Corte durante i lavori di abbattimento di un muro. Trattasi di un asse romano di bronzo del periodo repubblicano. Questa moneta è figurata al diritto con due volti opposti capovolti rappresentanti Giano bifronte, che  stavano a significare che uno era a protezione dell'interno della casa o della città e l'altro dell'esterno ed il segno del valore che non si distingue, sul rovescio è rappresentata la prua di una nave ed è ripetuto il segno del valore che è indistinguibile. Altro reperto, infine, senz'altro il più importante della serie, che possiamo documentare riportante solo la testimonianza mediante un'intervista, un'intervista con la storia, fatta al geom. Buonaura Pasquale che  è stato uno dei testimoni oculari di tutta la faccenda.

L'intervistato afferma che circa 20 anni fa nel mese di maggio in via Guido De Ruggiero, ex via Somma, nei pressi del ponte autostradale in una cava, dalla quale veniva prelevato terreno per la costruzione del rilevato dell'autostrada Napoli-Bari, ad una profondità di circa 4-5 metri, furono rinvenuti i resti di una villa di origini romana .

Villa Brutia o Bruxia? Forse!


 

La villa era maestosa ed in uno stato  abbastanza  discreto,  presentava,  infatti, pavimenti maiolicati ben disposti e sulle pareti vi erano disegnate con colori vivaci, che nemmeno il tempo inesorabile era riuscito a sbiadire, scene di caccia e di danza. In una parte attigua, che era raggiungibile mediante un  lungo corridoio, vi erano vari dolii in un ottimo stato anche se molti erano rotti con il contenuto riversato per terra che sembrava carbone; si trattava, probabilmente, di un deposito di derrate alimentari che l'antico proprietario teneva nella sua villa.

L'intervistato riferisce, infine, che non potette ispezionare ed osservare attentamente tutti gli altri locali, che erano oscuri e bui, perché interamenti interrati.

Che dire di questo episodio?

 

Abbiamo perduto una grande occasione per risolvere un grande mistero con un notevole danno alla cultura per gli interessi egoistici di pochi, a noi rimane solo l'amarezza ed il dispiacere.

Ritorna